Situata a soli 3 km dalle coste di Dakar, l’Isola di Gorée è stata proclamata Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO nel 1978 ed è il sito più visitato dell’Africa Occidentale.
Visitare l’Isola di Gorée
La raggiungiamo in traghetto, dopo circa venti minuti di navigazione dal porto della capitale: sulla barca siamo quasi gli unici turisti, circondati da decine di senegalesi che, come pendolari, fanno ogni giorno la spola via mare da Dakar a Gorée dove, nella maggior parte dei casi, possiedono una bancarella di souvenir.
Ogni occasione è buona per provare a venderci qualcosina, dal classico braccialetto a uno strano strumento musicale, simile a un paio di maracas; una signora comincia addirittura ad intrecciare i capelli a noi ragazze ma, dopo una settimana in Senegal, ci siamo ormai abituati a tutta questa confidenza e spontaneità…a quella che è la vera Africa.
Siamo sempre in compagnia di Sole, la nostra guida, che oggi appare però più serio, posato, concentrato. Vestito in giacca e cravatta, lascia trasparire una certa emozione non appena poggiamo piede sull’isola, approdando presso una spiaggetta in cui l’acqua è talmenta cristallina da non aver nulla da invidiare ai Caraibi.
Gorée è un posto particolare: un bombon di 1 chilometro per 300 metri, in cui le stradine sabbiose che la percorrono sono delineata da coloratissimi edifici in stile coloniale e macchie di bouganville.
Un gioiellino che conserva però un triste passato, una storia di soprusi e violenze il cui ricordo è mantenuto vivo dalla Maison des Esclaves, la Casa degli Schiavi, il cui nome già di per sé fa venire i brividi.
Non so spiegarvi cosa ci sia nell’aria tra quelle mura color geraneo; non so dirvi se sia stata una folata di vento a farci rizzare i peli sulle braccia ma io – ve lo assicuro – la pelle d’oca l’ho sentita, mentre i miei piedi poggiavano sul quel terreno che, fino al 1848, fu calpestato da milioni di schiavi neri, catturati, rinchiusi e poi imbarcati verso le Americhe, come merce o bestiame.


Fa davvero impressione entrare nelle celle, divise e differenziate per uomini, donne e ragazzine; ci sono anche delle stanzette piccolissime, basse e buie che venivano utilizzate per rinchiudere i “recalcitranti”, coloro che con coraggio si opponevano fino all’ultimo allo schivismo rincorrendo quella dignità che, nella Maison Des Esclaves, avrebbero comunque perso prima o poi.
Tra quelle gabbie tristi, uno stretto corridoio in fondo al quale si intravede l’Oceano. Uno scorcio affascinante, pittoresco, quasi un quadro dal sapore amaro e grottesco: è la “Porta del non ritorno”, lì dove i prigionieri venivano fatti uscire per essere imbarcati e spediti lontano.
Gorée non è però solo questo e, scrollatici di dosso quel senso di colpa quasi inevitabile maturato durante la visita, ci rituffiamo a capofitto nell’arcobalento di allegria del mercato, in mezzo a bancarelle e botteghe artigianali, strilli, schiamazzi e i tentativi dei venditori di attirare la nostra attenzione.
Tra collane, orecchini, stole e ninnoli vari, sono tanti i ricordi che è possibile portarsi a casa da Gorée: un’ottima idea regalo è, per esempio, un tradizionale quadro di sabbia, che noi abbiamo la fortuna di veder realizzare sotto ai nostri occhi.



Una tavola colma di scodelline e barattoli di arena naturalmente colorata, un supporto, della colla apposita ed il talento di un artista che, rovesciando e mescolando in maniera apparentmente casuale le polveri sulla tavoletta, crea per noi un paesaggio, con tanto di sfumature e dettagli.
Prima dell’ultima tappa a Gorée, ci rifocilliamo con un ottimo pranzetto vista mare: qui in Senegal il pesce è buonissimo e non avremmo potuto fare scelta migliore di uno squisito piatto di gamberoni accompagnati con riso, verdure, patate e la tipica salsa agrodolce a base di cipolle.
Una tazzina di té alla menta a chiusura del pasto e via: dobbiamo raggiungere “Le castel”, il punto più alto dell’Isola, una sorta di terrazza panoramica da cui scattare fotografie mozzafiato.
Scalino dopo scalino arriviamo in cima…uno sguardo ed è semplicemente WOW!
Sotto di noi il porto, i tetti e la vie che prima abbiamo percorso mentre davanti e tutt’attorno il blu intenso dell’Oceano Atlantico oltre il quale, grazie alla bella giornata di sole, si intravede persino il profilo di Dakar.