Una ventata di aria calda e afosa ci avvolge, come un abbraccio soffocante, appena fuori dall’aeroporto di Colombo. Le dieci ore di volo ci hanno un po’ provato e la caoticità della burocrazia singalese non ha di certo aiutato.
Ad accoglierci, con un cartello in mano, c’è Salad, la nostra guida, un omino gentile ed amichevole che con l’italiano se la cava piuttosto bene.
E’ lui che ci condurrà durante questa settimana in un tour dello Sri Lanka , mostrandocelo e raccontandocelo non solo da professionista del turismo ma, soprattutto, da abitante e orgoglioso natio.
A bordo della nostra Toyota bianca sfrecciamo (si fa per dire!) per le strade del paese, diretti a nord, verso Dambulla. Lo stile al volante è sempre il solito, tipico di tutti quei paesi in cui la segnaletica è un’optional e la precedenza è questione di clacson.
Cani randagi, galline e addirittura mucche e vitellini ci tagliano beatamente la strada ma il nostro autista (un provetto Schumacher oserei dire) totalmente incurante delle nostre espressioni stranite, zigzaga qua e là, senza scomporsi mai troppo.
Il paesaggio attorno a noi è un’esplosione naturale. La stagione dei monsoni è vicina e la vegetazione è estremamente rigogliosa.
Palme da cocco, platani, manghi e ancora banani, alberi di mogano e teak crescono a perdita d’occhio dai bordi della strada dipingendo il paesaggio di un bel verde acceso.
Sui centri abitati c’è poco da dire. Da Colombo, a Kurungale fino a Dambulla la situazione è pressoché la stessa; la medesima, inoltre, che ho ritrovato in passato in Africa o nell’entroterra Sud Americano. Casupole in lamiera, capannine in legno, qualche progetto iniziato e mai finito e qualcun’altro ormai in rovina. Sporcizia, immondizia, avanzi. Nulla di diverso dal Kenya o dalla Tanzania in fin dei conti, se non fosse per quei piccolo santuari “fai-da-te” agli angoli delle strade; altari, solitamente bianchi, su cui poggia la statua di un Buddha, più o meno grande, dipinta di giallo o arancione. Tutt’attorno fiori e doni votivi, nonché una vetrinetta, come a proteggere e separare il sacro dal profano circostante.
Così, dopo ben cinque ore di viaggio (con breve sosta rigenerante in riva ad un grazioso laghetto) siamo arrivati, finalmente, a destinazione. Esausti.
Il Chaaye Village Habarana ci accoglie con il suo grande parco disseminato di piccoli bungalow e il ristorante vista piscina. Passeremo qui le prossime 3 notti e, viste le visite in programma, ci servirà proprio riposare!
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Vai Piccina Fede Esploratrice, Esplora TUTTO, assapora ogni momento e poi facci rivivere ogni emozione attraverso le tue splendide parole <3
Il tuo racconto è sensazionale! È come essere li e vedere quello che i tuoi occhi vedono! Buone vacanze